Se c'è una cosa migliore del "cinema d'evasione" è il cinema d'evasione francese. Circa 4 anni prima di Il Buco di Jacques Becker il film di Bresson racconta minuziosamente i dettagli di un'evasione dal carcere anche se in maniera assolutamente antitetica.
Becker mostra tutto il mostrabile, rende lo spettatore parte del piano rivelandogli tutto e riuscendo incredibilmente a comunicare la complessa architettura della prigione attraverso molti totali, grande profondità di campo e lunghi piani sequenza.
Bresson invece compie una scelta diversa e si concentra su mani e volti negando allo spettatore il quadro generale (anche alla fine pur capendosi come sia stato possibile fuggire nessuno sarebbe in grado di disegnare quel tratto di prigione mostrato nella fuga) stimolando un'adesione che non è mentale ma sentimentale.
Un Condannato A Morte E' Fuggito, più ancora di Il Buco, è un film di rumori, materiali, scavi e ambienti. Ambienti che però si intuiscono soltanto attraverso i suoni dei passi e quelli degli oggetti che li popolano.
Ciò che lo stile semi-dcoumentaristico intende mostrare non è la fuga nelle sue diverse articolazioni ma le mani e le espressioni di colui che fugge (pensiero, emozione e la loro concreta attuazione). E' questo il cinema di Bresson che non nasconde di voler "filmare i movimenti dell'anima attraverso i movimenti della macchina da presa".
Come farà poi Becker anche Bresson riduce al minimo la musica per concentrarsi sui rumori (per lo più fuori campo con un effetto M, il mostro di Dusseldorf) e il suo ripudio per l'esposizione della violenza è quasi un pudore commovente.
Rimane un po' difficile da digerire oggi tutto quell'uso enfatico e letterario della voce fuori campo, ma all'epoca era avanti con i tempi dato l'uso che poi ne ha fatto la Nouvelle Vague.
Era dai tempi di Le Ali Della Libertà che una fuga non mi dava un simile senso di liberazione interiore.
Becker mostra tutto il mostrabile, rende lo spettatore parte del piano rivelandogli tutto e riuscendo incredibilmente a comunicare la complessa architettura della prigione attraverso molti totali, grande profondità di campo e lunghi piani sequenza.
Bresson invece compie una scelta diversa e si concentra su mani e volti negando allo spettatore il quadro generale (anche alla fine pur capendosi come sia stato possibile fuggire nessuno sarebbe in grado di disegnare quel tratto di prigione mostrato nella fuga) stimolando un'adesione che non è mentale ma sentimentale.
Un Condannato A Morte E' Fuggito, più ancora di Il Buco, è un film di rumori, materiali, scavi e ambienti. Ambienti che però si intuiscono soltanto attraverso i suoni dei passi e quelli degli oggetti che li popolano.
Ciò che lo stile semi-dcoumentaristico intende mostrare non è la fuga nelle sue diverse articolazioni ma le mani e le espressioni di colui che fugge (pensiero, emozione e la loro concreta attuazione). E' questo il cinema di Bresson che non nasconde di voler "filmare i movimenti dell'anima attraverso i movimenti della macchina da presa".
Come farà poi Becker anche Bresson riduce al minimo la musica per concentrarsi sui rumori (per lo più fuori campo con un effetto M, il mostro di Dusseldorf) e il suo ripudio per l'esposizione della violenza è quasi un pudore commovente.
Rimane un po' difficile da digerire oggi tutto quell'uso enfatico e letterario della voce fuori campo, ma all'epoca era avanti con i tempi dato l'uso che poi ne ha fatto la Nouvelle Vague.
Era dai tempi di Le Ali Della Libertà che una fuga non mi dava un simile senso di liberazione interiore.
2 commenti:
L'ho visto una volta sola e diversi anni fa, ma mi è rimasto impresso nella memoria quasi scena per scena. Un film potente!
Si veramente straordinario. Un film di volti e mani dove il senso dello spazio è affidato unicamente al sonoro. Una vera operetta.
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