Ma quant'è che Gerard Depardieu non fa un film senza mascherarsi (foto a destra)? Che poi ci va bene così.. Era solo una curiosità.
Nemico Pubblico n.1 dovrebbe essere una specie di “Feuilleton Criminale”, una versione francese della rilettura di un certo periodo della storia criminale del paese. Il modo in cui viene fatta la ricostruzione storica del periodo, il modo in cui si incrociano le vicende personali del criminale (o della banda) e quelle politiche del paese non sono infatti molto diverse. Come non molto diverso è l’approccio narrativo.
Jean-François Richet, che già aveva diretto il remake di Distretto 13, come spesso capita ai francesi non si discosta molto dallo stile americano (specialmente per le parti in galera) e confeziona un film molto schietto e svelto che non risparmia pugni nello stomaco allo spettatore (la scena dell’omicidio a coltellate o quella dell’ultima litigata con la moglie) e che trova in Vincent Cassel un protagonista perfetto.
Il film inizia con un bel cartello nero che spiega come il racconto di fatti reali al cinema debba necessariamente essere contaminato con elementi di finzione. Sembra una giustificazione per un film iperbolico e invece Nemico Pubblico n.1 contiene una visione spietata e disumana della violenza messa in scena, Richet non rischia mai l’apologia e contemporaneamente prende una posizione ferma e decisa contro il suo protagonista, condannandolo senza scampo.
Il suo Jacques Mesrine non ha mai il vero fascino del criminale ma più quello del disgraziato vanitoso e abile, che rischia tutto per una folle operazione di salvataggio di alcuni amici in galera e scende dall’aereo in manette come fosse una star.
Questa prospettiva gli permette di mostrare l’evasione in toni spettacolari e di indugiare sulla violenza delle sue azioni (attenzione al rumore degli spari e dei colpi che impattano il corpo, hanno un realismo fuori dal comune), poichè il giudizio morale permea ogni inquadratura.
Il film è in due parti di cui la seconda uscirà ad Aprile e nonostante le molte soluzioni da cinema, lo stesso l’organizzazione del racconto in due episodi inevitabilmente avvicina il racconto alla serialità televisiva. Non che sia un male.
Nemico Pubblico n.1 dovrebbe essere una specie di “Feuilleton Criminale”, una versione francese della rilettura di un certo periodo della storia criminale del paese. Il modo in cui viene fatta la ricostruzione storica del periodo, il modo in cui si incrociano le vicende personali del criminale (o della banda) e quelle politiche del paese non sono infatti molto diverse. Come non molto diverso è l’approccio narrativo.
Jean-François Richet, che già aveva diretto il remake di Distretto 13, come spesso capita ai francesi non si discosta molto dallo stile americano (specialmente per le parti in galera) e confeziona un film molto schietto e svelto che non risparmia pugni nello stomaco allo spettatore (la scena dell’omicidio a coltellate o quella dell’ultima litigata con la moglie) e che trova in Vincent Cassel un protagonista perfetto.
Il film inizia con un bel cartello nero che spiega come il racconto di fatti reali al cinema debba necessariamente essere contaminato con elementi di finzione. Sembra una giustificazione per un film iperbolico e invece Nemico Pubblico n.1 contiene una visione spietata e disumana della violenza messa in scena, Richet non rischia mai l’apologia e contemporaneamente prende una posizione ferma e decisa contro il suo protagonista, condannandolo senza scampo.
Il suo Jacques Mesrine non ha mai il vero fascino del criminale ma più quello del disgraziato vanitoso e abile, che rischia tutto per una folle operazione di salvataggio di alcuni amici in galera e scende dall’aereo in manette come fosse una star.
Questa prospettiva gli permette di mostrare l’evasione in toni spettacolari e di indugiare sulla violenza delle sue azioni (attenzione al rumore degli spari e dei colpi che impattano il corpo, hanno un realismo fuori dal comune), poichè il giudizio morale permea ogni inquadratura.
Il film è in due parti di cui la seconda uscirà ad Aprile e nonostante le molte soluzioni da cinema, lo stesso l’organizzazione del racconto in due episodi inevitabilmente avvicina il racconto alla serialità televisiva. Non che sia un male.
14 commenti:
Dove c'è Cassel ci sono anche io. Depardieu come se la cava?
Ale55andra
Splendido come sempre.
dai trailer viene presentato (come ogni film) malamente, e ogni volta che vado al cinema quasi mi disgusta.
Il trailer e la pubblicità è un bel modo, insieme al doppiaggio, di rovinare a priori un film, presentandolo in maniera deltutto capovolta -.-
ma sicuramente lo vedo, caxxo se lo vedo. il cassel è un mito vivente
d'altra parte spesso i trailer sono la cosa più bella di un film
io sono il primo ad andare al cinema e fremere per i nuovi trailer, ma bisogna dire che molti presentano in film in maniera pessima.
I trailer piú belli erano quelli che i concorrenti facevano al termine di "Producer-Il grande gioco del cinema" (tra l'altro, un programma divertente, educato, ben fatto, e pertanto destinato a soccombere nella televisione degli anni novanta, che peccato).
>"l'organizzazione del racconto in due episodi inevitabilmente avvicina il racconto alla serialità televisiva"
Del resto le serie tv... già sai come la penso..
proprio per questo dovresti dargli un'occhiata. A questo e alla seconda parte. Perchè combina davvero i due modi di raccontare.
lo farò!
Peraltro sono anche un amante del genere!
a me cassel non dice nulla...
il film ha tonalità scure, mettendo in scena una personalità ambigua e carismatica..
un vincent cassel che calza a pennelo il ruolo di un malavitoso parigino..
non vedo l'ora di vedere la seconda parte!
si anche io
A proposito dell'atteggiamento del protagonista, che come scrivi, rischia tutto pur di agire, mi sembra una geniale consonanza con lo stesso stile del film, quel ritmo rapido, incalzante, come una mano di poker, con la stessa feroce adrenalina.
si
concordo
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