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20.5.10

Sound Of Noise (id., 2010)
di Ola Simonsson e Johannes Stjärne Nilsson

FESTIVAL DI CANNES 2010
SEMAINE DE LA CRITIQUE

Tutto nasce da questo video immesso su YouTube qualche anno fa e girato vorticosamente in rete. A furia di click e apprezzamenti la voce e' arrivata anche a qualche produttore che ha deciso di contattare i realizzatori per farne un lungometraggio.
Come si puo' immaginare da una simile genesi la trama e lo svolgimento del film sono altamente risibili, un po' stupidi e tanto ingenui. Tuttavia l'idea di musica che viene veicolata e' tutt'altro che cretina.

Il collettivo di 6 batteristi impegnato nelle performance musicali alla base del film (andare in un luogo e cominciare a percuotere e usare gli oggetti che si trovano li' per creare armonie) opera sul serio e quello che fa e' un'idea che va decisamente piu' in la' della sola musica.
I concerti in cui vengono "suonati gli ambienti" non avrebbero senso se fossero solo ascoltati, sembrerebbero musica pop normale, l'idea ha la sua forza solo nell'audiovisuale, cioe' se oltre ad ascoltare si puo' vedere l'ambiente trasformato e l'origine dei suoni. In questo facendo un passo in avanti rispetto all'elettronica.

Non siamo infatti nemmeno dalle parti della videomusica (che ha grande senso ma per tutti altri motivi piu' vicini alla semiotica), siamo proprio dalle parti della violenza artistica e del riappropriamento delle dinamiche (in questo caso sonorita') metropolitane moderne.
Il rumore sta entrando nella musica gia' da qualche decennio, la vita a contatto con un numero sempre maggiore di rumori (tecnologici o meno) ha dato vita a sempre piu' contaminazioni in tutto il novecento, ma prendere proprio gli oggetti che si trovano e trasformare i suoni dell'ambiente in cui ci si trova per fare musica e' un passo in avanti.

Per questo sebbene retto da una storia un po' cretina Sound Of Noise e' un gran film, perche' riesce a fare della fusione tra musica e video una nuova sintesi, creare nuovo senso e dare nuove motivazioni. Motivazioni che sono devastanti, violente e arroganti come ogni seria presa di posizione artistica dovrebbe essere.

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