C'è innanzitutto un elemento di ridicolo in Child 44, che si perde nell'edizione italiana ma che comunque sta alla base del progetto: tutti gli attori protagonisti coinvolti sono britannici (tranne Noomi Rapace) e recitano questa storia di Russia, radicata nel sistema di terrore sovietico del secondo dopoguerra, in inglese simulando l'accento russo. Da questo dettaglio (non da poco) deriva molto altro, cioè il fatto che Child 44 sia un film che si immerge profondamente in un contesto che gli è in realtà lontanissimo, simulando prossimità e fingendo vicinanza ad un mondo a cui è indispensabile stare vicini (per riuscire a raccontare questa storia di agenti segreti e governo oppressivo con il corretto contesto storico) ma sostanzialmente essendogli lontanissimo.
Alla base di tutto c'è il romanzo di Tom Rob Smith, il primo di una trilogia, che attraverso il racconto finzionale delle indagini sul macellaio di Rostov (vero serial killer che prima di essere preso massacrò 52 vittime) introduce Leo Demidov, agente dell'MGB (l'agenzia di intelligence che esisteva prima del KGB) e i personaggi di contorno. In questa prima storia Demidov è innalzato e poi sbattuto nel fango dai gangli del sistema burocratico, impara quanto conti il potere e come lo stato sia insensibile a concetti di giustizia, verità ecc. ecc.
Purtroppo Child 44, non riesce a contenere davvero due storie in un solo film (quella di Demidov e quella dell'indagine), suonando troppo spesso incoerente o farraginoso per come costringe il suo protagonista ad insistere nell'indagine nonostante le sue incredibili disavventure personali (che da sole sarebbero bastate a rendere interessante il film). Schiacciato dal suo peso storico Child 44 è un polpettone che riprende alcuni elementi di forza da altre produzioni (Gary Oldman ricalca il suo burocrate invisibile e impassibile di La talpa, abile a nascondere se stesso nelle maglie del sistema, e Charles Dance è un austero detentore del potere, impermeabile a qualsiasi sentimentalismo come in Il trono di spade) ma non riesce mai a farli davvero propri, non riesce ad essere davvero autonomo.
A fronte di un mondo impermeabile a qualsiasi tipo di umanità che è indubbiamente ben creato, gli eventi che lo animano non sono alla sua altezza nè hanno la piacevole scorrevolezza del cinema di genere. Nemmeno il fisico perfetto per la parte di Tom Hardy trova mai lo sfogo che merita non fosse per quella che è l'unica scena davvero riuscita del film, l'incredibile sequenza dell'attentato nel vagone del treno, in cui i due protagonisti lottano insieme per la propria vita con la foga della disperazione uscendone per la prima volta davvero uniti dal sangue.
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