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8.9.15

El Clan (id., 2015)
di Pablo Trapero

MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA
CONCORSO
Ha cominciato il cinema europeo ad elaborare la storia criminale tra gli anni '70 e '80 con film dal chiaro tono commerciale, che riprendono il gangster movie americano per dargli un tono ancora più politico, sociale e storico. Film dalla grana grossa (nel senso metaforico ma anche fotografico) pieni di costumi, musica e retorica del cinema, sempre finalizzati a stabilire, di caso in caso, di paese in paese, in che rapporto si sta con quei criminali e quel pezzo di storia. I nostri Vallanzasca e la banda della Magliana, Jacques Mesrine e Carlos per i francesi, la banda Baader-Meinhof per i tedeschi e via dicendo. In breve anche il sudamerica, che in quegli anni di certo non si è divertito, ha cominciato a piegare alle sue esigenze questo cinema. Il risultato sono sia i film di Pablo Larrain in Cile sia opere come Il segreto dei suoi Occhi o questo El Clan in Argentina (ma molti altri sono gli esempi che si potrebbero citare).

Se Larrain si pone lontanissimo dai suoi mostri, usa i singoli per incolpare il sistema e non ha mezzi termini nel dimostrare che aberrazioni hanno creato quegli anni, El Clan ha uno sguardo a doppia focale. Da una parte con una messa in scena molto coinvolgente, fatta di grandi movimenti di macchina, un ritmo indiavolato e tanta musica, sembra stare vicino a questa associazione di sequestri a gestione familiare, ne mostra i sentimenti e vuole dargli epica, la forza della tradizione e della gerarchia (è il padre a comandare tutto), la simpatia della gestione familiare e il grande racconto attraverso il proprio tempo fatto di trionfi e sconfitte (il vero protagonista è uno dei figli che è anche un campione di rugby). Dall'altra la maniera in cui è dipinto Arquimedes, per l'appunto il patriarca e il vero motore dei sequestri, quello che gestisce, architetta e in prima persona compie tutte le azioni più importanti, incluse le trattative con i parenti delle vittime, non lascia dubbi.

Guillermo Francella (era già il fantastico poliziotto con problemi d'alcol ma dall'indubitabile intelligenza di Il segreto dei suoi occhi) fa un lavoro fantastico sul ritratto demoniaco di quest'uomo che di giorno lavora nella sicurezza governativa e nel tempo libero sequestra e minaccia. Vecchio stampo ed elegante ma anche infame e intollerabile è un insetto diabolico e meschino.
La meraviglia di El clan dunque sta tutta nel doppio movimento, mentre il film con il suo stile avvicina il pubblico, Arquimedes lo respinge senza nessun dubbio. Trapero rifiuta un punto di vista unico e insegue la complessità, letteralmente mettendo in scena il meccanismo di attrazione e repulsione verso i criminali e le storie criminali del passato.
Superfluo dirlo ma quella di El Clan è infatti una storia vera, quella di Arquimedes Puccio e soprattutto nel finale, nella chiusura, svela tutto il suo desiderio di essere reale. Tanto ha creato e inventato, tanto "cinema" ci ha messo nel suo svolgimento quanto realismo applica nella chiusa, amara e cronachistica.

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