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29.6.18

Tully (id., 2018)
di Jason Reitman

Dopo un paio di film in libera uscita per Reitman, e una serie tv, un capolavoro come Dove Eravamo Rimasti e un film diretto e scritto per Diablo Cody (più un mare di altre cose per Charlize Theron) i tre si reincontrano per realizzare il vero Young Adult. Visto Tully, il film che Reitman Cody e Theron hanno girato nel 2011 sembra una bozza scartata, perché è qui che davvero quelle idee e quei temi (il conflitto insanabile tra chi sono oggi e chi ero ieri) prende una forma più centrata. Per farlo partono come farebbe il Woody Allen degli anni ‘70 e ‘80, con uno spunto strano e misterioso: una tata per mamme.

Tully è una ragazza che di lavoro bada la notte ai bambini appena nati, quando piangono e hanno bisogno di mille attenzioni, lasciando dormire in pace la vera madre, che al mattino può affrontare la giornata riposata. La vita della protagonista è infatti un inferno di depressione post parto, un marito mediatamente inutile e bambini esigenti (uno addirittura con qualche problema di socialità). Assumendo Tully, che è giovane, divertente, piena di energie, magra e sempre positiva, le sue giornate cambiano perché le sue notti cambiano e anche il film, che aveva sempre scene solo di notte si apre al sole.

Il primo scarto rispetto al solito in Tully avviene subito e solo nella nostra testa. La minaccia di una donna più giovane e carina sotto lo stesso tetto fa immediatamente pensare che l’intreccio possa andare verso il triangolo di gelosie, ma questo in effetti sposterebbe il cuore del film verso il personaggio del marito, e Tully non è quel film. Qui il cuore di tutto sono i problemi di questa madre, arrivata a fine sopportazione, che in Tully vede se stessa da giovane e la speranza di recuperare qualcosa di quel che era. La paura insopprimibile di un declino totale rappresentata da un’altra sé.

Questa Mary Poppins per adulti (del resto sempre il cinema ci ha spiegato che anche Mary Poppins era lì non per salvare i bambini ma i loro genitori) le sistemerà la vita, ma più di quello ciò che avvince del film è la maniera in cui Reitman riesca ad esaltare le sceneggiature di Diablo Cody in cui emergono dilemmi così personali e amari da non poter suonare che reali, perché l’opposto esatto dei soliti conflitti preconfezionati e sempre uguali che il cinema pigro ci propone. Non è quindi questione di idee di trama o intreccio (che pure ci sono) ma proprio di porsi delle domande e mostrare delle paure originali e reali. Ed è molto brava davvero Charlize Theron a creare un’adulta che, pur non dicendolo mai, vorrebbe davvero recuperare quel che aveva da giovane, che guarda Tully con ammirazione, desiderio e invidia tutte insieme.

Prendendo atto che da molti punti di vista la vita da genitore è un peggioramento, Tully ha un’onestà disarmante nella sua amarezza, nel suo prendere atto con calma e dovute sfumature del tempo che passa e dei mutamenti della personalità. Certo alla fine l’intreccio virerà sul banale e la risoluzione sarà delle meno appropriate ad un film che ha fatto così bene fino a quel momento. Ma davvero sarebbe ingenuo pensare che una brutta chiusa rovini un film per il resto così equilibrato ed originale.

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