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14.2.19

Il corpo della sposa (2019)
di Michela Occhipinti

C’è uno spunto da cinema commerciale dietro Il corpo della sposa, uno di quelli ottimi per un trailer e per la cartellonistica, il genere di immagine e paradosso che da sé fa sorridere, incuriosisce, attrae ma non necessariamente regge un film. Almeno non da solo. In Mauritania quando un matrimonio è combinato la sposa deve arrivare al giorno della cerimonia sufficientemente grossa. Se non lo è già deve mangiare e ingrassare fino a raggiungere le rotondità richieste. Nel caso della protagonista si parla di 20 Kg da mettere su in 3 mesi ad un passo di 6 pasti al giorno. Per la tradizione.

Superato il primo paradosso, cioè il fatto che la preparazione al matrimonio sia (per tradizione) esattamente il contrario di quella che (per consuetudine, moda ed estetica) è nel mondo occidentale, il risultato è esattamente il medesimo: una donna forza la propria alimentazione perché il suo corpo aderisca a standard imposti da qualcun altro. Con in più quel grado di sopruso percepito (da uno spettatore occidentale) che facilmente si incontra nel cinema occidentale che si occupa di paesi a rigida tradizione musulmana. Il corpo della sposa in ultima analisi è di questo che parla, di come la società rimuova dalla donna il controllo sulla sua vita, chi sposa, come deve essere, come si deve comportare... e come lo faccia nelle case, nelle famiglie, con i parenti e l’affetto.

Purtroppo tutto il discorso sul corpo e chi lo comandi si ferma subito, all’impostazione e la storia della sposa che sempre meno regge questo regime, sempre meno regge l’ingerenza della famiglia nella sua vita, suona come un processo lentissimo di evoluzione non sempre interessante perché non sempre vi partecipiamo. Il rapporto difficile con la madre è accennato tanto quello con la nonna. C’è un’amica che sembra più smaliziata e ci sono molti momenti intimi e quotidiani, che strappano la percezione di lontananza data da costumi ed ambienti esotici, ma sono ripetitivi e non riescono né ad aggiungere davvero qualcosa né ad essere godibili in sé, ovvero a funzionare come digressioni significative.

Il corpo della sposa ha un ritmo controllato e molto quieto e non riesce ad avere un buon motivo per questo. Soprattutto il peccato meno perdonabile è che per raccontare questo mondo fondato su quello che per noi è un paradosso non riesce a trovare immagini potenti. Anche quando queste sembrano a portata di mano. Addirittura la sua immagine migliore la butta via sgonfiandone il potenziale. Quando ad un party tra amiche che devono ingrassare in cerchio mangiano arriva l’ultima di loro con merendine confezionate (da che mangiano solo cibo tradizionale cucinato) e gliele tira addosso, vediamo tutto dal punto di vista meno chiaro e che peggio tratta una scena che invece fa una sintesi visiva perfetta di tutto e impedisce proprio al colpo d’occhio di fare il suo lavoro.

Un finale al mare, sul bagnasciuga, con ralenti, controluce romantici, bagliori sulle onde, un velo gonfiato dal vento (segno inequivocabile di desiderio di libertà in un animo sensibile), satura in meno di un minuto la tolleranza in fatto di immagini banali e ruffiane. Ma per fortuna è la fine.

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