Nonostante un’atmosfera un po’ più godereccia di quella che si respira solitamente nei film di Michael Haneke, L’Ultima Ora si muove esattamente lungo quelle direttrici per mostrare che dietro le convenzioni, i rapporti istituzionali e le relazioni professionali esiste una violenza pronta ad esplodere, e che basta pochissimo a scoperchiarla. In un intreccio che poco o nulla ha di violento si respira un’indicibile violenza.
Un professore di una classe di studenti molto dotati ha tentato il suicidio e ora un supplente prende il suo posto. Gli studenti sono stati selezionati tra i migliori della scuola e riuniti nella medesima classe per dare il meglio. Tra di loro c’è un gruppetto molto uniti e sono i più arroganti, ragionano con una netta inflessibilità e non sembrano interessati a niente che non siano i loro principi e i loro, misteriosi, obiettivi.
Invece che infliggere repressione e violenza ai ragazzi (come avviene in Il Nastro Bianco) qui sono i ragazzi che pur subendo un po’ di violenza dai bulli ne infliggono una peggiore, psicologica, penetrante e inaccettabile al professore (e forse non solo a lui). C’è in questi studenti modello una coincidenza di interesse per le questioni ambientali, disprezzo per le condizioni in cui versa il mondo e una luce di morte in fondo agli occhi quando parlano che li rende inquietanti e potenzialmente pronti a tutto.
Tutto è ambientato in una zona vicino ad una centrale nucleare, c’è la maturità che si avvicina e questo gruppetto si riunisce per fare “prove di morte”, si picchiano, arrivano vicini al soffocamento.
L’impressione è che il supplente protagonista sia finito in un mondo assurdo, paradossale e allucinato, che è il primo a non capire, in cui a nessuno interessa della stranezza di questi ragazzi che ragionano e i muovono come un’entità collettiva, come un branco coordinato e unito e solo lui li segue, li indaga e li mette nell’angolo. Per questo ne è odiato profondamente. Forse sono loro allora che gli riempiono casa di insetti, che gli hanno rubato il computer e che gli fanno telefonate ansimanti di continuo. Quel mondo assurdo però, forse, è solo una visione più lucida della nostra realtà, magari enfatizzata ma non per questo falsa. Ne contiene le medesime contraddizioni e ne rappresenta i medesimi problemi.
C’è una buona parte di senso di colpa adulto per il mondo che viene lasciato alle giovani generazioni in L’Ultima Ora, c’è quel senso di violenza che la società tollera ma che lo stesso è intollerabile, che non vediamo perché non esplicita ma che lavora nelle nostre teste, e c’è un sistema scolastico basato sul merito che sembra non curarsi di niente che non siano i voti. Un mondo in cui anche le frequenti esercitazioni anti-terrorismo mirate a preparare i ragazzi in caso entrasse nella scuola qualcuno di armato, raccontano di una società elegantemente e sobriamente allo sfascio.
Questo gruppo di ragazzi così antipatici, apatici, distanti e arroganti, il meglio della Francia, le menti più preparate, già un anno avanti sugli studi, interessati all’ambiente, integralisti e pronti a qualsiasi efferatezza sono sia una speranza che una delusione. Non c’è davvero una visione unica in questo film che ha il grande merito di scatenare solo dubbi, domande e questioni senza davvero parteggiare per nessuno (per questo è un peccato che alla fine finisca con dei monologhi moralisti con lo sguardo in camera).
Sebastien Marnier non dice mai se davvero non veda scampo o se la mancanza di prospettive verso il futuro non sia una sclerosi delle nuove generazioni che le tarpa, non ha interesse a puntare il dito verso dei colpevoli, anche se i suoi protagonisti hanno le idee molto chiare, e questo film riesce a presentare una questione contraddittoria senza svicolare o risolvere nemmeno una di queste contraddizioni.
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