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3.7.19

Carmen Y Lola (id., 2019)
di Arantxa Echevarria

Comincia con un coro tragico, un’immagine di festa matrimoniale ma il volto triste della sposa. Ha un fare subito tradizionale (anche se una messa in scena molto contemporanea) Carmen Y Lola, e si presenta come un melò classico in abiti nuovi. Dopo averci introdotto personaggi e ambienti (due donne e le rispettive famiglie della comunità Rom dalle parti di Madrid), capiamo che c’è un matrimonio combinato e un amore proibito che minaccia di farlo saltare. L’amore nasce tra Carmen, la sposa, e Lola, una sua coetanea che ha capito da un po’ di essere lesbica, si è innamorata di lei e le ha mostrato quel mondo.
Come nei melò l’identità del vero amore è il dettaglio più pericoloso. Quello che in passato poteva essere un uomo povero, straniero o appartenente ad una categoria proibita, qui è un essere del medesimo sesso. In un mondo e un tempo, il nostro, in cui esistono sempre di meno amori proibiti, in cui differenze di etnia, razza e classe non contano così tanto, l’amore omosessuale è l’ultima risacca del melodramma classico.

C’è però un altro film che si fa strada lungo Carmen Y Lola, uno che ha a che vedere con la scoperta di un’identità personale che solo tangenzialmente e casualmente è una nuova identità sessuale. Carmen Y Lola passa molto tempo a raccontare di come Carmen si scopra lesbica e di come questo crei dei contrasti con la famiglia che è necessario superare. Si tratta della medesima storia che raccontavano molti film del Rinascimento Disney degli anni ‘90, ragazze che sentono di non appartenere al mondo in cui sono cresciute e che si battono per uscirne, per sviluppare un’identità indipendente da esso, essere diverse ed emanciparsi tramite un amore esterno, nuovo.
Questo stesso contrasto tra ciò che è tradizionale e ciò che è moderno, in Carmen Y Lola prende la via dell'omosessualità.

Solo alla fine del film quindi, nelle ultime decine di minuti, il film rivelerà il suo cuore LGBT, passando dal genere melodrammatico a quello del film gay, fatto di contrasti, distacchi e infelicità. Arantxa Echevarrìa aveva cominciato benissimo, con un minimalismo encomiabile, tutto fondato sullo sguardo di Lola su Carmen, che la brama e la vuole per sé nonostante sia un oggetto impossibile. Ha anche continuato benissimo con lo sguardo di Carmen su Lola, la scoperta del desiderio omosessuale. Tuttavia chiude con lo sguardo del mondo su di loro, le urla, l’odio, il rivolgersi alla chiesa per esorcismi e un repertorio un po’ meno sottile, più abusato e noto di violenza psicologica (ma anche manuale) delle famiglie. Sceglie di alzare la posta delle urla ma non alza per niente quella del coinvolgimento.

E sebbene anche in nelle fasi finali il film abbia il merito di cercare di capire se non altro il dolore famigliare, senza scegliere la più facile via dell’odio e della contrapposizione (la rabbia dei genitori è alimentata da vere paure, vera disperazione, vera amarezza, il che li rende persone e non i cattivi del film), è talmente evidente che le idee sono finite e che non ci sia nessun desiderio di creare un finale all’altezza del resto che addirittura Carmen Y Lola finisce con un viaggio verso il mare e la spiaggia.
Meno di così non era ipotizzabile proprio.

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