La sublimazione della saga di Attacco Al Potere è il salto definitivo nel reame della propaganda. Una saga che è sempre stata vicina ai temi del patriottismo più spinto e che ha flirtato moltissimo con l’amore per la patria e le forze armate qui getta ogni maschera e si tuffa nella celebrazione da “giornata dei veterani”. Ormai membro stimato e in odor di promozione dello staff che si occupa della sicurezza del presidente Morgan Freeman, Gerard Butler è qui braccato per un grande (e ridicolo) equivoco che gli dà modo di ripassare quel che accade ai militari quando il paese e il comando gli si rivoltano contro. Non c’è una sindrome da stress post traumatico (almeno non l’ha lui, ma qualcuno nel film sì) ma il senso è quello: siamo eroi e il paese non ci capisce ciclicamente da generazioni, alla fine ci tocca batterci contro di esso per dimostrarlo.
Con la saga di Attacco al Potere Gerard Butler ha ripercorso la storia recente del cinema d’azione. Ha passato in rassegna il patriottismo, il culto dello spionaggio reso azione, il classico action movie anni ottanta, muscolare e ironico, ma anche il poliziesco esagerato degli anni ‘90 e ora è approdato, a soli 50 anni, all’action reumatico. Il suo personaggio manifesta fin dall’inizio un fisico indebolito dalla vecchiaia, la schiena a pezzi e i dolori della professione. Non sembra così vecchio e alla sua età gli action hero classici non si sognavano di apparire vecchi, ma è il segno che tutto è cambiato, che l’azione vera è qualcosa del passato nutrita di eroi attempati per un pubblico nostalgico (spesso attempato anch’esso).
Il risultato di questa forte sterzata non è straordinario e nonostante il suo status di terzo film di una buona saga fa bella mostra di un budget per gli effetti visivi solo di poche centinaia di migliaia di dollari superiore a quelli della Asylum.
Alla fine quel che lo condanna è il fatto che esiste un equilibrio delicato su cui i film d’azione si muovono, quello che dà un po’ di vita e un po’ di memorabilità alle loro scene ritmate, al grande spargimento di pallottole e alla disillusione dei protagonisti. Attacco Al Potere 3 lo manca e si posiziona fermamente sul crinale del film a tesi senza nemmeno la tigna giusta o la rabbia capace di dargli animo. Ripropone tutti i luoghi comuni narrativi del genere, ha un villain bamboccione dalla credibilità minima, e la sua sofisticazione è così bassa da scoraggiare con disarmante facilità.
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