Subito va detto che La Spettatrice è l'opera prima, e per ora unica, di Paolo Franchi, poi mi sento di aggiungere che è un buon film. Ma andiamo per gradi.
E' indubbio che Franchi punti alto, punti a parlare dei sentimenti e mettere in scena ciò che non si può vedere, questo dicono i critici ufficiali delle riviste ufficiali, ed è vero. Il risultato è a tratti molto convincente (ma molto davvero!). E' stato molto paragonato ad Antonioni o a Kieslowski per questo saper mettere in scena le distanze tra i personaggi, ma secondo me si è tralasciata l'influenza più importante.
La Spettatrice è un film girato tutto con colori molto molto freddi (apprezzo tantissimo queste scelte nette, quasi arroganti!), leggermente virato sul blu (vedasi foto), dallo scorrimento lento, dal passo sinuoso che si insinua piano piano nella mente dello spettatore, è un film che va gustato con molta calma, dove non accade molto, gli avvenimenti sono quasi tutti interni ai personaggi, ma per questa poetica di rendere visibile l'invisibile (che sembra una frase di Ghezzi) diventano quasi avvenimenti esterni. Forse proprio per questo il riferimento più importante è stato mancato. Franchi guarda palesemente, e ripeto: palesemente, al modo che ha Almodòvar di presentare i personaggi, di descrivere le loro emozioni attraverso le dinamiche quotidiane. Ma non solo. Di almodovariano è anche lo svolgimento della trama fatta di incredibili coincidenze che finiscono per non meravigliare. Una scena per tutte, quella del momento in cui la protagonista Valeria, che è traduttrice simultanea, nelle cuffie sente la voce dell'uomo che osserva da giorni, lui sta parlando di cose che perfettamente si adattano a lei, sembra che parli a lei, lei si paralizza, lui le parla in cuffia per chiedere cosa non vada e lei si deve far sostituire. Tutto molto simile, sia nello svolgersi che in come è filmato alla più bella scena di Donne Sull'Orlo Di Una Crisi Di Nervi in cui Pepa, la doppiatrice deve doppiare una scena d'amore in cui il suo personaggio dice all'altro personaggio (che è stato già doppiato dall'uomo amato da Pepa) ciò che lei vorrebbe dire a lui e per questo mentre doppia piange e sviene (ma lì c'è Carmen Maura davanti e Pedro dietro la macchina da presa...). Ci sarebbero poi chiaramente molti altri riferimenti, il modo in cui è girata la scena in piscina, la maniera che ha di "scorrere" nelle stanza in orizzontale tipica di Pedro....
Alla fine La Spettatrice non è un capolavoro, occorre dirlo, e dispiace perchè forse ce la poteva fare. I veri difetti di questo film, quelli che gli impediscono di volare alto, sono la cadenza lenta che in alcuni momenti è resa fastidiosa dal non procedere della trama e alcune clamorose cadute di stile (ma clamorose!). Tutto il film è un susseguirsi di magnifici colpi da maestro, capaci con un gesto o uno sguardo di scavare nei desideri e nei pensieri dei protagonisti, seguiti da scene che sembrano prese da Che Ne Sarà Di Noi.....
Sunto della questione: lo tengo d'occhio Franchi e lo metto lì nel mucchio del "cinema italiano del lavoro" (bella 'sta definizione eh?) quello dei nuovi registi talentuosi che filmano storie dove il lavoro è una componente fondamentale della narrazione e della descrizione dei personaggi, il punto di partenza e di arrivo del film. Il capostipite (è chiaro) è Matteo Garrone.
E' indubbio che Franchi punti alto, punti a parlare dei sentimenti e mettere in scena ciò che non si può vedere, questo dicono i critici ufficiali delle riviste ufficiali, ed è vero. Il risultato è a tratti molto convincente (ma molto davvero!). E' stato molto paragonato ad Antonioni o a Kieslowski per questo saper mettere in scena le distanze tra i personaggi, ma secondo me si è tralasciata l'influenza più importante.
La Spettatrice è un film girato tutto con colori molto molto freddi (apprezzo tantissimo queste scelte nette, quasi arroganti!), leggermente virato sul blu (vedasi foto), dallo scorrimento lento, dal passo sinuoso che si insinua piano piano nella mente dello spettatore, è un film che va gustato con molta calma, dove non accade molto, gli avvenimenti sono quasi tutti interni ai personaggi, ma per questa poetica di rendere visibile l'invisibile (che sembra una frase di Ghezzi) diventano quasi avvenimenti esterni. Forse proprio per questo il riferimento più importante è stato mancato. Franchi guarda palesemente, e ripeto: palesemente, al modo che ha Almodòvar di presentare i personaggi, di descrivere le loro emozioni attraverso le dinamiche quotidiane. Ma non solo. Di almodovariano è anche lo svolgimento della trama fatta di incredibili coincidenze che finiscono per non meravigliare. Una scena per tutte, quella del momento in cui la protagonista Valeria, che è traduttrice simultanea, nelle cuffie sente la voce dell'uomo che osserva da giorni, lui sta parlando di cose che perfettamente si adattano a lei, sembra che parli a lei, lei si paralizza, lui le parla in cuffia per chiedere cosa non vada e lei si deve far sostituire. Tutto molto simile, sia nello svolgersi che in come è filmato alla più bella scena di Donne Sull'Orlo Di Una Crisi Di Nervi in cui Pepa, la doppiatrice deve doppiare una scena d'amore in cui il suo personaggio dice all'altro personaggio (che è stato già doppiato dall'uomo amato da Pepa) ciò che lei vorrebbe dire a lui e per questo mentre doppia piange e sviene (ma lì c'è Carmen Maura davanti e Pedro dietro la macchina da presa...). Ci sarebbero poi chiaramente molti altri riferimenti, il modo in cui è girata la scena in piscina, la maniera che ha di "scorrere" nelle stanza in orizzontale tipica di Pedro....
Alla fine La Spettatrice non è un capolavoro, occorre dirlo, e dispiace perchè forse ce la poteva fare. I veri difetti di questo film, quelli che gli impediscono di volare alto, sono la cadenza lenta che in alcuni momenti è resa fastidiosa dal non procedere della trama e alcune clamorose cadute di stile (ma clamorose!). Tutto il film è un susseguirsi di magnifici colpi da maestro, capaci con un gesto o uno sguardo di scavare nei desideri e nei pensieri dei protagonisti, seguiti da scene che sembrano prese da Che Ne Sarà Di Noi.....
Sunto della questione: lo tengo d'occhio Franchi e lo metto lì nel mucchio del "cinema italiano del lavoro" (bella 'sta definizione eh?) quello dei nuovi registi talentuosi che filmano storie dove il lavoro è una componente fondamentale della narrazione e della descrizione dei personaggi, il punto di partenza e di arrivo del film. Il capostipite (è chiaro) è Matteo Garrone.
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