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3.11.05

Pinocchio (2002)
di Roberto Benigni

Per varie vicende personali al momento dell'uscita di Pinocchio al cinema non ero in Italia, ero in luogo mediamente sperduto nel quale erano presenti due o tre sale cinematografiche che proiettavano retrospettive o blockbuster, così in quella stagione ho visto Il Mio Grasso Matrimonio Greco, Il Signore Degli Anelli - Le Due Torri, Spider, Dov'è La Libertà, Insomnia e Dune ma non vidi Pinocchio.
Sono stato però continuamente tempestato dalle feroci critiche che tutti hanno rivolto a quel film, così quando mi sono apprestato a vederlo il mio animo era a dir poco preparato al peggio, ma anche curioso di tanto schifo.
Chiaramente preparato com'ero alla monnezza ho trovato il film meno peggio di quanto mi aspettassi, anche e forse soprattutto perchè l'ho visto anni e anni dopo La Vita E' Bella e con La Tigre E La Neve in mezzo.
Certo non è un bel film Pinocchio, che se fino a metà può reggere poi a furia di ripetere situazioni più o meno simili, seguendo pedissequamente la storia di Collodi sia nel contenuto ma soprattutto nella forma, episodica e ripetitiva, stufa quasi più della vocina di Benigni. Bocciatura totale quindi. Tuttavia sarebbe stupido non riconoscergli quei pochi meriti che ha.
Innanzitutto è di pregevolissima fattura, perchè se Benigni non è un regista (e non lo è) Dante Spinotti è un grandissimo fotografo e gli inserti e gli effetti di computer grafica sono, non solo il più delle volte invisibili, ma anche usati con intelligenza e parsimonia, quando un trucco si può fare tradizionalmente non si perde l'occasione, certo scelgo di sorvolare il pessimo squalo/balena. Più di Nirvana e Denti, che già fanno un uso più o meno intelligente della computer grafica, qui si nota una qualità non indifferente, che in alcune scene nulla ha da invidiare al contemporaneo Il Signore Degli Anelli, cosa che mi ha stupito e non poco.
Inoltre il discorso più importante va fatto sulla scelta benignesca di mostrare la parabola pinocchiesca, accentuando molto il moralismo bigotto insito nell'obiettivo della storia "andare a scuola, fare il bravo per essere un bambino vero, come tutti gli altri", un'odea lla conformazione come strategia di successo, non mancando mai di sottolineare come tutti i personaggi che si conformino a quest'obiettivo, dunque gli esempi positivi per Pinocchio, siano assolutamente deprecabili (maestri e compagni di scuola), mentre chi da questo si allontana (Lucignolo) sia l'unico personaggio umano, buono e gentile sempre e comunque. In un'ottica manicheistica (ma non troppo) tipica della favola la bontà totale di Lucignolo è significativa, specialmente quando anche tutte le autorità dai giudici ai carabinieri sono il pericolo costante. Quasi chaplinianamente Pinocchio teme (e ogni volta si dimostra a ragione) il manifestarsi dell'autorità anche se non ha fatto niente, perchè in un modo o nell'altro se la prenderanno con lui, fino a che non deciderà di conformarsi.
Nella stessa direzione va anche la più significativa delle (poche) aggiunte benignische, il finale. Mentre il libro si chiude con la frase di Pinocchio "e ora sono più felice perchè sono un bravo bambino" (una cosa del genere), il film aggiunge un ultima sequenza in cui mentre Pinocchio va a scuola, la sua ombra (che già per essere ombra quindi nera, nascosta e solitaria è negativa) prende un altra direzione non entra ed insegue una farfalla, segno di una fantasia e di uno spirito che non si conformano e che quindi il vero Pinocchio, anarchico, sovversivo e rivoluzionario (perchè questo è Pinocchio) non è morto con la trasformazione in bambino vero.





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