La caratteristica principale di Raoul Walsh è la capacità incredibile di saper raccontre una storia nascondendosi quanto più è possibile, sapere mostrare fatti e personaggi a partire da un forte intreccio tenendo sempre all’invisibilità del regista. Secco e asciutto come pochi il suo cinema è tra i migliori possibili per come riesce a far passare tutto senza rendere nulla esplicito.
Stranamente in Il Ladro di Bagdad non c’è nulla di tutto ciò.
La narrazione non procede in maniera particolarmente spedita o liscia e la messa in scena è fortemente marcata, piena di trucchi e trucchetti di regia. Eppure è proprio questa la forza del film che per tutta la prima parte punta molto sulla plasticità e il carisma di Douglas Fairbanks, l’insuperabile interprete dei migliori film d’azione dell’epoca (principalmente di cappa e spada), mentre nella seconda parte decolla verso vette altissime grazie ad una messa in scena fantasiosa e colma di invenzioni in grado di mostrare le mille magie e i mondi fantastici della storia (che poi è una variazione sul tema della trama della lampada di Aladino).
E’ proprio la messa in scena la cosa più interessante, innanzitutto perchè per la Bagdad ricostruita in interni Walsh rinuncia ad ogni realismo, applicando a tratti le lezioni dell’espressionismo (ma sono proprio dettagli) e poi perchè riesce a sfruttare ogni espediente cinefilmico per stupire lo spettatore (una sorta di fantasmagoria sullo stile di Meliés).
Bagdad è ricostruita in maniera molto kitsch, con fondali dipinti, mura e pietre di cartapesta e alcune volute ingenuità. Allo stesso modo i mostri che il ladro deve affrontare per recuperare il suo dono alla principessa sono giganteschi pupazzoni che solo il clima creato durante il film rende plausibili, al pari del cavallo alato (un cavallo normale con due brutte ali di cartapesta). Ma è tutto perfetto una volta inserito nelle dinamiche cinematografiche, tanto che all’epoca il film impressionò per ciò che era riuscito a mostrare (anche se sarebbe più opportuno dire riuscito a suggerire).
Stranamente in Il Ladro di Bagdad non c’è nulla di tutto ciò.
La narrazione non procede in maniera particolarmente spedita o liscia e la messa in scena è fortemente marcata, piena di trucchi e trucchetti di regia. Eppure è proprio questa la forza del film che per tutta la prima parte punta molto sulla plasticità e il carisma di Douglas Fairbanks, l’insuperabile interprete dei migliori film d’azione dell’epoca (principalmente di cappa e spada), mentre nella seconda parte decolla verso vette altissime grazie ad una messa in scena fantasiosa e colma di invenzioni in grado di mostrare le mille magie e i mondi fantastici della storia (che poi è una variazione sul tema della trama della lampada di Aladino).
E’ proprio la messa in scena la cosa più interessante, innanzitutto perchè per la Bagdad ricostruita in interni Walsh rinuncia ad ogni realismo, applicando a tratti le lezioni dell’espressionismo (ma sono proprio dettagli) e poi perchè riesce a sfruttare ogni espediente cinefilmico per stupire lo spettatore (una sorta di fantasmagoria sullo stile di Meliés).
Bagdad è ricostruita in maniera molto kitsch, con fondali dipinti, mura e pietre di cartapesta e alcune volute ingenuità. Allo stesso modo i mostri che il ladro deve affrontare per recuperare il suo dono alla principessa sono giganteschi pupazzoni che solo il clima creato durante il film rende plausibili, al pari del cavallo alato (un cavallo normale con due brutte ali di cartapesta). Ma è tutto perfetto una volta inserito nelle dinamiche cinematografiche, tanto che all’epoca il film impressionò per ciò che era riuscito a mostrare (anche se sarebbe più opportuno dire riuscito a suggerire).
2 commenti:
A me pare invece che la narrazione proceda bene. Preso alla mediateca per curiosità l' ho trovato proprio un bel film d' avventure esotiche che si lascia seguire dall' inizio alla fine. Non da confrontare più di tanto con l' altro bel "Il Ladro di Bagdad del 1940 né con le altre due versioni successive del 60 e del 78 (pdodotto televisivo distribuito da noi nei cinema) dato che la storia ogni volta è abbastanza diversa. :) Una piccola perla del cinema a mio avviso.
E' chiaro che è una perla, questo non si discute, ma rispetto alla filmografia di Walsh un po' mi ha deluso.
L'altro Ladro di Bagdad (quello del 40) è veramente mitico ed è paragonabile secondo me per la maniera in cui si approccia alla narrazione dell'epica araba, del fiabesco e degli universi esotici.
Posta un commento