John Milius è uno che centellina i suoi lavori, non solo gira pochi pochissimi film (questo il suo ultimo) ma ne sceneggia anche pochi. Sarà questo o sarà che i temi a lui cari non trovano spesso possibili sbocchi, fatto sta che il suo cinema classico, conservatore e virilmente romantico è una delle cose più convincenti che ci siano.
Personalmente rimango sempre affascinato dal modo in cui Milius ritrae il rapporto tra uomo natura, empatico, silenzioso e profondo. In Milius i sentimenti non sono mai esibiti ma sempre sottointesi e manifestati con i fatti e non con le parole.
Anche Addio Al Re, sicuramente non uno dei suoi exploit migliori, nè tantomeno un film da ricordare per sempre, contiene una forza esplosiva rara.
A fronte di alcuni momenti di stanca ce ne sono altri in cui il racconto vola altissimo. E proprio la scrittura è il cuore (come in ogni opera di Milius) del film, capace di suggerire senza strepiti e insinuare i sentimenti negli spettatori a tal punto che in certe scene basta uno sguardo o la presenza di un uomo civilizzato vestito da indigeno a suscitare emozioni. E questo non grazie alla forza delle immagini o altro, ma perchè la costruzione drammaturgica del racconto è stata perfetta e ci è arrivata a quel punto come alla fine di un percorso.
Abilissimo nel creare un mood Milius riesce ad accumulare sentimenti non detti e sensazioni che attendono di essere espresse ad un punto tale che alla fine la liberazione del re, il suo tuffo e poi l'impossibile saluto dalla nave all'isola (da una distanza di chilometri) non possono non commuovere davvero.
Personalmente rimango sempre affascinato dal modo in cui Milius ritrae il rapporto tra uomo natura, empatico, silenzioso e profondo. In Milius i sentimenti non sono mai esibiti ma sempre sottointesi e manifestati con i fatti e non con le parole.
Anche Addio Al Re, sicuramente non uno dei suoi exploit migliori, nè tantomeno un film da ricordare per sempre, contiene una forza esplosiva rara.
A fronte di alcuni momenti di stanca ce ne sono altri in cui il racconto vola altissimo. E proprio la scrittura è il cuore (come in ogni opera di Milius) del film, capace di suggerire senza strepiti e insinuare i sentimenti negli spettatori a tal punto che in certe scene basta uno sguardo o la presenza di un uomo civilizzato vestito da indigeno a suscitare emozioni. E questo non grazie alla forza delle immagini o altro, ma perchè la costruzione drammaturgica del racconto è stata perfetta e ci è arrivata a quel punto come alla fine di un percorso.
Abilissimo nel creare un mood Milius riesce ad accumulare sentimenti non detti e sensazioni che attendono di essere espresse ad un punto tale che alla fine la liberazione del re, il suo tuffo e poi l'impossibile saluto dalla nave all'isola (da una distanza di chilometri) non possono non commuovere davvero.
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