Durante il fiorire della Nouvelle Vague in Italia Ermanno Olmi esordiva nel lungometraggio di finzione con un'opera che inevitabilmente portava dentro di sè la grande esperienza documentaristica del regista e in questo modo allargava il concetto stesso di cinema libero, contaminato e girato en plen air che si andava sviluppando in Francia.
Un cinema talmente libero che proprio come gli esempi migliori della Nouvelle Vague evolve il concetto di realismo non sentendosi necessariamente confinato in una rappresentazione realistica (vedi la scena finale nell'immagine a sinistra).
Uno dei primi film veramente liberi italiani dunque racconta una storia di costrizione e di frizione tra tradizione e modernità, Il Posto è chiaramente il posto di lavoro che un giovane dell'hinterland raggiunge a Milano e il film racconta il processo di selezione per l'impiego in questione con qualche accenno grottesco (anche se non si fa fatica ad immaginare che fosse tutto molto fedele al reale) e molta malinconia.
I suoni in presa diretta forse sono la cosa più sorprendente (assieme alle molte sequenze che sembrano rubate) fondamentali per creare lo spazio e disegnare una dimensione tridimensionale nella quale avviene l'azione, stimolando sensazioni ed "odori". I rumori delle tavole calde ne evocano i profumi e quelli asettici degli ambienti semivuoti spesso rappresentati ne evocano l'odore di marcio.
Uso espressionista del dialetto, volti non professionisti, senso del grottesco e (nonostante la quasi totale assenza di riprese da lontano) un grande senso di "incastro dell'uomo nella città", Il Posto è un film al 100% italiano, della miglior scuola, quella che con un piede tiene ferme le regole della tradizione e con l'altro sorpassa il confine nazionale e temporale.
Un cinema talmente libero che proprio come gli esempi migliori della Nouvelle Vague evolve il concetto di realismo non sentendosi necessariamente confinato in una rappresentazione realistica (vedi la scena finale nell'immagine a sinistra).
Uno dei primi film veramente liberi italiani dunque racconta una storia di costrizione e di frizione tra tradizione e modernità, Il Posto è chiaramente il posto di lavoro che un giovane dell'hinterland raggiunge a Milano e il film racconta il processo di selezione per l'impiego in questione con qualche accenno grottesco (anche se non si fa fatica ad immaginare che fosse tutto molto fedele al reale) e molta malinconia.
I suoni in presa diretta forse sono la cosa più sorprendente (assieme alle molte sequenze che sembrano rubate) fondamentali per creare lo spazio e disegnare una dimensione tridimensionale nella quale avviene l'azione, stimolando sensazioni ed "odori". I rumori delle tavole calde ne evocano i profumi e quelli asettici degli ambienti semivuoti spesso rappresentati ne evocano l'odore di marcio.
Uso espressionista del dialetto, volti non professionisti, senso del grottesco e (nonostante la quasi totale assenza di riprese da lontano) un grande senso di "incastro dell'uomo nella città", Il Posto è un film al 100% italiano, della miglior scuola, quella che con un piede tiene ferme le regole della tradizione e con l'altro sorpassa il confine nazionale e temporale.
2 commenti:
Io ho visto pochi suoi film, molti di questo ultimo periodo. E tranne delle bellissime immagini, non mi hanno mai convinto...
Nemmeno io lo amo molto. MA questo film è stupendo.
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