La FAPAV ha presentato ieri i dati della prima ricerca sulla pirateria audiovisuale mai fatta in Italia. Sono dati molto interessanti rilevati con più di 2000 interviste su un campione rappresentativo intervistato a domicilio. Qui potete leggere tutto il report e vedere anche un paio di grafici. Vi linko un articolo esterno perchè non mi va di dilungarmi sui pur meritevoli dati. Preferisco parlare della seconda rilevazione fatta quella qualitativa, mirata a comprendere la psicologia e il comportamento del pirata.
Il video allegato è un'intervista fatta da me al numero uno della FAPAV su questa storia e sui molti dubbi e contraddizioni sollevati dal report. Vi avverto che è abbastanza inutile vederla se prima non avete qua sotto le incongruenze e le esasperazioni rilevate (sì, l'ho postata in alto per mettervi curiosità).
I dati qualitativi sono stati ottenuti con interviste fatte a bambini, adulti e teenager (tenendo dunque fuori la fascia 20-30, a detta loro cruciale).
Il risultato è che per il pirata il PC è "il fulcro attorno al quale gravita gran parte del proprio tempo libero, una chiave di accesso al mondo, molto investita emotivamente con cui sta spessissimo in stretta connessione" e il film è "un contenuto da consumare subito e in quantità, la visione perde la cornice di riferimento e qualsiasi argine andando in deroga sulla qualità audiovideo senza problemi. La visione avviene soprattutto a casa e sul PC come riempitivo di tempi morti".
Il non pirata (non c'è un nome che lo identifichi se non in relazione ai pirati) vede il PC come "un'opportunità tra le altre, un canale di comunicazione e di divertimento ma non totalizzante del proprio tempo libero e dei propri interessi" e il film è "intrattenimento ma anche un oggetto dal valore culturale distintivo e la visione è caratterizzata da una precisa ritualità peculiare dunque la qualità è un prerequisito. La visione avviene soprattutto al cinema e quando è domestica se ne salvaguarda la specificità".
Ciò che non sembra tornare è innanzitutto il discorso sulla qualità. Il pirata sarebbe noncurante della qualità perché consuma e non vede film, ma poi nella parte quantitativa della ricerca si spiega come in realtà giudichino soddisfacente la qualità delle copie pirata (che in effetti spesso è alta). Oltre a questo poi è strano come il pirata sembri meno interessato al cinema sebbene veda più film del non pirata (perché oltre alle copie illegali va anche al cinema) e poco acculturato, quando i dati lo identificano come dotato di diploma di maturità e studente universitario.
Inoltre durante la presentazione dei dati sono stati mostrati anche delle inquietanti illustrazioni, che per motivi di privacy non sono state diffuse alla stampa ma che avevano un ruolo non troppo diverso da quello del plastico nelle ricostruzioni televisive dell'omicidio di Cogne. Era stato infatti chiesto a dei bambini probabilmente di età inferiore ai 13 anni di disegnare "la visione di un film".
I disegni dei bambini che piratano o che hanno confidenza con la pirateria erano piccolissimi in fogli grandi e senza colori! Li ritraevano piccoli rispetto al resto ed erano sostanzialmente privi di qualsiasi stimolo. In due parole: tristi e raggelanti. Al contrario i disegni dei bambini estranei alla pirateria erano grandi, giocosi, fantasiosi, colorati e pieni di idee. Lecito interrogarsi su quanto si sia cercato di comunicare con questo tipo di rilevazione. Sembrerebbe che i bambini che seguono tutte le regole siano più fantasiosi e creativi di quelli che invece agiscono al di fuori dagli schemi imposti dalle autorità. Che dunque chi pirata poi sia grigio dentro. Il messaggio accluso a questa esposizione: un augurio che i nostri bambini non siano come quelli che piratano.
Nel report si parla anche del fatto che il film in forma di file è depauperato del suo valore specifico ma diventa un file tra gli altri, che può essere fruito in modo flessibile e potenzialmente in modo destrutturato in maniere irrispettose del testo filmico e della sua natura di racconto (e allora i capitoli dei DVD??). Infine, si dice, i file favoriscono una fruizione on the go cioè in movimento e disturbata da fattori esterni, accompagnata da dallo svolgimento di attività parallele.
Ecco da questi due ritratti del pirata e del non pirata io mi sento di dire, per tutto quello che ho letto, visto ed esperito nella mia breve vita di appassionato che il vero amante del cinema risponde al ritratto di chi pirata. NON DICO CHE CHI PIRATA SIA UN AMANTE, ma dico che io mi identifico nel ritratto che la FAPAV fa del pirata perchè quello è un amante vero. Quello che non si fa vincolare dalle ritualità, quello che non rispetta a tutti i costi la sala, ma consuma i film, li vuole vedere ovunque, comunque, tanti e in tante maniere diverse. Chi rispetta il film nelle maniere indicate dal report ne vede uno ogni morte di Papa solitamente, ha un culto della sala talmente irragionevole da fargli preferire la struttura o l'edificio al film (ce ne sono di persone così, più di quante si creda) e alla fine è innamorato dell'idea del cinema e non dei film. Chi ama i film li vede a testa in giù, destrutturati, ristrutturati, muti, sonori, doppiati, in cattiva, buona e media qualità. Non è necessariamente maniaco dell'alta definizione e alla fine se ne frega di tutto "Basta che me fai vedè sto film".
Truffaut all'alba dell'Home Video diceva (e con questa volta arrivo alle mille ripetizioni di questa frase) "Fortunato quell'uomo che potrà possedere una copia personale di Rapporto Confidenziale" ben sapendo che lo schermo della tv è piccolo e che il VHS non ha la qualità della pellicola, che in casa ci sono rumori e che questa cosa rendeva il film ancor più merce. Ma non importa. Perchè il film è merce e perchè ogni cosa oggi che ci consente di "possedere" un film più di ieri è un bene. E alla fine. Se posso vedere un film è meglio che se non posso vederlo.
9 commenti:
carlito
ha detto...
Sono distanti anni luce.... universi paralleli io credo
Alla fine questo è uno schema di discussione abbastanza classico. Si comincia con il cercare di quantificare il danno, poi appena si contestano i dati e tu ti metti, per così dire, a fare i conti in tasca agli autori lui giustamente ti risponde: "sì, ma io ho la legge dalla mia e voglio che sia fatta valere". E che gli vuoi dire...
Sul fatto del "recupero" dei soldi dai provider (che lucrano certamente sulla situazione di impunità della pirateria) devo dirmi d'accordo con questo signore. Non la trovo una cosa sensata e nemmeno pulita: se un autore vuole entrare in un mercato simile va bene, ma bisogna continuare a tutelare tutti gli autori che vogliono vendere in maniera tradizionale e non vogliono vedere il loro prodotto piratato.
Poi non ho capito bene la tua obiezione sul coinvolgimento dei provider nel modello francese. Per forza di cose c'è bisogno della loro collaborazione. Capisco che tu così vedi i provider diventare una specie di emanazione dell'esecutivo o delle forze di polizia, ma sinceramente la cosa non mi turba più di quanto mi turbi sapere che il mio provider oggi in questo momento è in grado di vedere tutti i dati che io scambio in connessione non criptato. Mi devo fidare.
Discorso simile per la musica, direi. Io, da consumatore massiccio, suonatore e scritore di musica (ma puramente casalingo...manco semi-professionista), mi ritrovo ad ascoltare musica in tutte le maniere, ho ascolti spesso pessimi, solitamente nella media. Ma ho una fame di musica e di arrangiamenti tale che non mi faccio scoraggiare se non dalle più insensate compressioni audio o registrazioni pirata.
Ed ogni volta mi viene in mente il raccontino di mio padre su un suo amico che, all'alba dell'HiFi, lo convocò per fargli ascoltare il suo impianto stereo, mettendo sul piatto un vinile su cui non era era registrato nulla: "Senti? Non si sente nulla!"
Fabio: il punto è che il provider non deve andare appresso ai suoi utenti ma appresso a chi manda. Se può o vuole controllare i dati in download può farlo anche per quelli in upload.
Io dicevo che già adesso i dati che io scambio (in uscita o in entrata indifferentemente) viaggiano attraverso la rete del mio ISP in chiaro. Il mio ISP ne dispone: anche se presumo che non ci sia un umano che li vada a sbirciare prendo atto che la rete funziona così. Quella attuale è quindi una privacy molto sui generis.
Se si dovesse mettere in piedi il modello di legge francese ipotizzo che verrebbero adottate delle euristiche automatiche per determinare se il dato che sta scambiando l'utente è roba coperta da copyright oppure no (come quelli testati da google, di cui ci hai parlato tu tempo fa), riservando un eventuale intervento umano solo per le verifiche dei "positivi".
Un sistema di questo genere sinceramente non mi sembra che sposterebbe di molto l'attuale condizione della mia privacy. Attualmente i provider maneggiano già la totalità dell'informazione riguardo i miei dati per farli viaggiare nella loro rete. Nel sistema ipotizzato l'unica cosa che si aggiungerebbe è che da questi dati si tenterebbe di ricavare un'informazione di positivo/negativo circa un comportamento illegale (ma sarebbe lo stesso per un'euristica anti-virus, per fare un esempio). Alla fine, almeno per l'utente che rimane nella regolarità, la modifica della condizione della privacy è risibile. Per l'utente che si rende protagonista del comportamento illegale invece no, ma è normale per un cittadino che viene sottoposto ad un accertamento di legge.
Insomma, io credo che definendo bene il processo, le responsabilità e le autorizzazioni non sia difficile fare una legge che fa funzionare un sistema simile senza collidere con i principi basilari del nostro ordinamento. Ricordiamoci che stiamo sempre parlando di una legge nuova
Secondo me la differenza è che ci sono dei dati che passano e lasciano una traccia ma che nessun umano guarda e dati che sono passati ad un organo che può anche essere la polizia senza che ci sia presunzione di reato, cioè controllandoli tutti.
Anche le società telefoniche vedono il tuo numero e quelli che chiami però poi addirittura li nascondono nella tua bolletta!
Quello che dicevo io invece è che comunque non si deve indagare quello che scaricano gli utenti ma semmai quello mettono in circolazione. Che è la differenza tra consumo e spaccio.
Secondo me la differenza è che ci sono dei dati che passano e lasciano una traccia ma che nessun umano guarda e dati che sono passati ad un organo che può anche essere la polizia senza che ci sia presunzione di reato, cioè controllandoli tutti.Bè, se si fa una cosa simile a quella che ho descritta io dovrebbe andar bene. Finché il controllo automatico non dà un positivo i tuoi dati hanno la stessa vita che avevano prima e non finiscono in mano a nessuno.
Diversamente può partire un accertamento.
Comunque dobbiamo pur renderci conto che questo illecito/reato di cui si parla è qualcosa che investe comunque la sfera privata (che film guardo, che musica ascolto). Il tentativo di individuarlo e limitarlo non può che avere delle ricadute in questo senso.
Se no diventa davvero impossibile da perseguire e si può solo tollerare o combattere con strumenti del mercato.
Quello che dicevo io invece è che comunque non si deve indagare quello che scaricano gli utenti ma semmai quello mettono in circolazione. Che è la differenza tra consumo e spaccio.Ah, ecco. Non l'avevo capito. Non è un problema tecnico comunque.
9 commenti:
Sono distanti anni luce....
universi paralleli io credo
complimenti per l'incalzante intervista
grazie
se ci riesco metto anche quella più arrembante e incasinata a Virzì in mezzo ad altre persone
Alla fine questo è uno schema di discussione abbastanza classico. Si comincia con il cercare di quantificare il danno, poi appena si contestano i dati e tu ti metti, per così dire, a fare i conti in tasca agli autori lui giustamente ti risponde: "sì, ma io ho la legge dalla mia e voglio che sia fatta valere". E che gli vuoi dire...
Sul fatto del "recupero" dei soldi dai provider (che lucrano certamente sulla situazione di impunità della pirateria) devo dirmi d'accordo con questo signore. Non la trovo una cosa sensata e nemmeno pulita: se un autore vuole entrare in un mercato simile va bene, ma bisogna continuare a tutelare tutti gli autori che vogliono vendere in maniera tradizionale e non vogliono vedere il loro prodotto piratato.
Poi non ho capito bene la tua obiezione sul coinvolgimento dei provider nel modello francese. Per forza di cose c'è bisogno della loro collaborazione.
Capisco che tu così vedi i provider diventare una specie di emanazione dell'esecutivo o delle forze di polizia, ma sinceramente la cosa non mi turba più di quanto mi turbi sapere che il mio provider oggi in questo momento è in grado di vedere tutti i dati che io scambio in connessione non criptato. Mi devo fidare.
Discorso simile per la musica, direi.
Io, da consumatore massiccio, suonatore e scritore di musica (ma puramente casalingo...manco semi-professionista), mi ritrovo ad ascoltare musica in tutte le maniere, ho ascolti spesso pessimi, solitamente nella media.
Ma ho una fame di musica e di arrangiamenti tale che non mi faccio scoraggiare se non dalle più insensate compressioni audio o registrazioni pirata.
Ed ogni volta mi viene in mente il raccontino di mio padre su un suo amico che, all'alba dell'HiFi, lo convocò per fargli ascoltare il suo impianto stereo, mettendo sul piatto un vinile su cui non era era registrato nulla: "Senti? Non si sente nulla!"
Paolo
Fabio: il punto è che il provider non deve andare appresso ai suoi utenti ma appresso a chi manda. Se può o vuole controllare i dati in download può farlo anche per quelli in upload.
Paolo: concordo
@gparker
Giuro che non ho capito il problema.
Io dicevo che già adesso i dati che io scambio (in uscita o in entrata indifferentemente) viaggiano attraverso la rete del mio ISP in chiaro. Il mio ISP ne dispone: anche se presumo che non ci sia un umano che li vada a sbirciare prendo atto che la rete funziona così. Quella attuale è quindi una privacy molto sui generis.
Se si dovesse mettere in piedi il modello di legge francese ipotizzo che verrebbero adottate delle euristiche automatiche per determinare se il dato che sta scambiando l'utente è roba coperta da copyright oppure no (come quelli testati da google, di cui ci hai parlato tu tempo fa), riservando un eventuale intervento umano solo per le verifiche dei "positivi".
Un sistema di questo genere sinceramente non mi sembra che sposterebbe di molto l'attuale condizione della mia privacy. Attualmente i provider maneggiano già la totalità dell'informazione riguardo i miei dati per farli viaggiare nella loro rete. Nel sistema ipotizzato l'unica cosa che si aggiungerebbe è che da questi dati si tenterebbe di ricavare un'informazione di positivo/negativo circa un comportamento illegale (ma sarebbe lo stesso per un'euristica anti-virus, per fare un esempio).
Alla fine, almeno per l'utente che rimane nella regolarità, la modifica della condizione della privacy è risibile.
Per l'utente che si rende protagonista del comportamento illegale invece no, ma è normale per un cittadino che viene sottoposto ad un accertamento di legge.
Insomma, io credo che definendo bene il processo, le responsabilità e le autorizzazioni non sia difficile fare una legge che fa funzionare un sistema simile senza collidere con i principi basilari del nostro ordinamento. Ricordiamoci che stiamo sempre parlando di una legge nuova
Secondo me la differenza è che ci sono dei dati che passano e lasciano una traccia ma che nessun umano guarda e dati che sono passati ad un organo che può anche essere la polizia senza che ci sia presunzione di reato, cioè controllandoli tutti.
Anche le società telefoniche vedono il tuo numero e quelli che chiami però poi addirittura li nascondono nella tua bolletta!
Quello che dicevo io invece è che comunque non si deve indagare quello che scaricano gli utenti ma semmai quello mettono in circolazione. Che è la differenza tra consumo e spaccio.
Secondo me la differenza è che ci sono dei dati che passano e lasciano una traccia ma che nessun umano guarda e dati che sono passati ad un organo che può anche essere la polizia senza che ci sia presunzione di reato, cioè controllandoli tutti.Bè, se si fa una cosa simile a quella che ho descritta io dovrebbe andar bene.
Finché il controllo automatico non dà un positivo i tuoi dati hanno la stessa vita che avevano prima e non finiscono in mano a nessuno.
Diversamente può partire un accertamento.
Comunque dobbiamo pur renderci conto che questo illecito/reato di cui si parla è qualcosa che investe comunque la sfera privata (che film guardo, che musica ascolto). Il tentativo di individuarlo e limitarlo non può che avere delle ricadute in questo senso.
Se no diventa davvero impossibile da perseguire e si può solo tollerare o combattere con strumenti del mercato.
Quello che dicevo io invece è che comunque non si deve indagare quello che scaricano gli utenti ma semmai quello mettono in circolazione. Che è la differenza tra consumo e spaccio.Ah, ecco. Non l'avevo capito.
Non è un problema tecnico comunque.
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