COURMAYEUR IN NOIR FEST
Non è certo la sorpresa quel che interessa a Jérome Cornuau, la sua storia di una famiglia che perde la figlia (letteralmente, non la trovano più) e che la ripesca due anni dopo, in corrispondenza di un viaggio, la traversata del titolo, in breve dotato di connotati metafisici, annuncia con grande evidenza il proprio finale a sorpresa. Quel che dovrebbe semmai interessare è il percorso, i paesaggi nebbiosi e fotografati con grandissima cura (da cinema russo più che francese) le angosce e le parole scambiate, ognuna delle quali, idealmente, dovrebbe pesare come un macigno.
Peccato che (paesaggi a parte) questi siano poi gli elementi più deboli di un film che gira a vuoto per la maggior parte del tempo, ossessionando lo spettatore con la ripetizione continua dei nomi dei protagonisti, con le urla e una reiterazione forzata del meccanismo sparizione/apparizione della bambina.
Non è insomma difficile, durante la visione di La traversata, avere istinti contrari a quelli suggeriti dal film, augurarsi una definitiva scomparsa della bambina (magari certificabile, onde evitare ritorni ad anni di distanza) e quindi una subitanea fine del tutto.
Come se non bastasse quando il finale giunge, la grande e attesa spiegazione della vera natura del viaggio, delle sue stranezze e del reale esito delle ricerche della bambina, è quanto di meno soddisfacente si possa immaginare, sia dal punto di vista logico (anche se su quello, ad un certo punto è chiaro, è meglio non puntarci troppo) che da quello sentimentale. Con una storia di paternità e una d'amore in ballo il film non riesce a curare nessuna delle due. Nemmeno quella di terribile colpevolezza che si inserisce a metà (e che nella risoluzione finale suona davvero troppo fuori luogo) riesce a colpire davvero.
Nessun commento:
Posta un commento