Tutto si può dire di Il Signor Diavolo (e tutto tra poco diremo) tranne che sia esattamente quel che ci si poteva immaginare. Certo è un horror padano come Avati ha sempre confezionato e certo è un film rimasto agli anni ‘70 (nemmeno ad inizio ‘80, quando ancora ne girava), ma è pieno di spunti narrativi buoni che vengono con il passare dei minuti massacrati dal film.
Ad esempio il protagonista è un giovane politico, una mezza tacca che riceve l’ordine di andare ad insabbiare un caso che minaccia un collegio elettorale DC. Il mandante è direttamente De Gasperi e la maniera in cui viene comunicato e spiegato l’affare fa sembrare che la DC sia lo S.H.I.E.L.D. dell’Italia degli anni ‘50.
L’ispirazione viene dall’omonimo libro che Pupi Avati ha scritto l’anno scorso e la riduzione in film sembra soffrire molto dell’esigenza di maneggiare gli strumenti del cinema di paura, l’armamentario classico e quello moderno, entrambi (a giudicare dal film) sconosciuti ad Avati che invece continua a sfruttare soluzioni e idee del giallo argentiano.
La storia è una di possessioni e forse diavoli, di figli deformi e mentalità da paese. Non eccessivamente suggestiva nell’intreccio ma, come sempre negli horror di Avati, più negli ambienti. C’è infatti un mondo da piccolo paese (quello di tutti i suoi film) e una prossimità alla realtà contadino/animale che calza molto bene quella forma di satanismo arcaico, misterico e tradizionale su cui si basa il film. E in questo sta la sorpresa perché Il Signor Diavolo ha una personalità molto decisa. Che è bene.
Il disastro è tutto il resto, è come il film è messo in scena, come questo investigatore argentiano abbia così poca verve da uccidere tutto, come il racconto dosi male sorprese e domande, fiaccando la curiosità dello spettatore che ben presto smette di averne, come i personaggi si somiglino tutti con occhiaie scure e scavate e come infine la sua idea di paura sia vecchia ma mai classica, sia limitata, molto puerile e mai aperta alla vera suggestione.
Il Signor Diavolo, al netto di un’ambientazione azzeccata, è un film che non ha ben chiaro di cosa si dovrebbe aver paura e che quelle poche cose che sa riconoscere come spaventose le ruba a Dario Argento, cioè ad un cinema di 40 anni fa, senza avere la capacità di attualizzarle o rimodularle per un film moderno. È derivativo, da un certo punto in poi annoia e alla fine non consegna quel che ha promesso
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