Il bello dei film di serie B è che recuperano le radici del cinema, la narrazione, si liberano di ogni orpello e vanno dritti al dunque, riuscendo (ma solo nei migliori casi) a parlare di molte altre cose oltre la semplice storia narrata grazie a sottili riferimenti, caratteri azzeccati a riferimenti tangenziali.
E' decisamente il caso di Undisputed, da me clamorosamente mancato al cinema (benchè avessi già sentito dire che si trattava di un piccolo gioiello) e finalmente recuperato.
Attraverso la storia di due campioni di pugilato entrambi rinchiusi in galera, entrambi famosi un tempo ma differenziati dal tempo trascorso dietro le sbarre (uno è appena arrivato e deve sbrigarsi a tornare fuori per non perdere la forma, il titolo e la notorietà, l'altro è dentro da 10 anni e ci rimarrà ancora per un bel po'), Walter Hill riesce innanzitutto ad avvincere come poche volte capita, tramite una narrazione asciutta che racconta attraverso le psicologie dei personaggi ed in seconda battuta riesce a dare uno spaccato di emarginazione che non è solo carceraria. La prigione dove si disputa uno dei più avvincenti e combattuti incontri della storia del pugilato è il mondo degli emarginati e dei ghettizzati, il mondo da cui il campione vuole uscire e nel quale il campione del campionato delle carceri invece rimarrà, un mondo ignorato dal resto del pianeta che non solo non potrà assistere ma nè mai saprà come e se si sia mai svolto davvero quel mitico incontro, indimenticabile per il tutto il pubblico di spacciatori, assassini e mafiosi presenti.
Sorprendente la forzata modernità della regia di Hill che sfrutta (forse anche esagerando) sovrimpressioni, viraggi in bianco e nero e montaggio serrato.
Sbaglio o Wesley Snipes si sta confermando il più grande attore moderno di film di serie B?
E' decisamente il caso di Undisputed, da me clamorosamente mancato al cinema (benchè avessi già sentito dire che si trattava di un piccolo gioiello) e finalmente recuperato.
Attraverso la storia di due campioni di pugilato entrambi rinchiusi in galera, entrambi famosi un tempo ma differenziati dal tempo trascorso dietro le sbarre (uno è appena arrivato e deve sbrigarsi a tornare fuori per non perdere la forma, il titolo e la notorietà, l'altro è dentro da 10 anni e ci rimarrà ancora per un bel po'), Walter Hill riesce innanzitutto ad avvincere come poche volte capita, tramite una narrazione asciutta che racconta attraverso le psicologie dei personaggi ed in seconda battuta riesce a dare uno spaccato di emarginazione che non è solo carceraria. La prigione dove si disputa uno dei più avvincenti e combattuti incontri della storia del pugilato è il mondo degli emarginati e dei ghettizzati, il mondo da cui il campione vuole uscire e nel quale il campione del campionato delle carceri invece rimarrà, un mondo ignorato dal resto del pianeta che non solo non potrà assistere ma nè mai saprà come e se si sia mai svolto davvero quel mitico incontro, indimenticabile per il tutto il pubblico di spacciatori, assassini e mafiosi presenti.
Sorprendente la forzata modernità della regia di Hill che sfrutta (forse anche esagerando) sovrimpressioni, viraggi in bianco e nero e montaggio serrato.
Sbaglio o Wesley Snipes si sta confermando il più grande attore moderno di film di serie B?
3 commenti:
madò... Io questo l' ho visto al cinema... Non era male ricordo però che non avevo apprezzato per nulla l' esagerata scontatezza della trama...
eh ma ci sono quei protagonisti disperati (ancheil pugile di successo lo è) di cui il regista sembra non curarsi che sono bellissimi...
Certo certo la verità è che un film in cui Marcellus Wallace fa a crine con Blade non può che farti salire il testosterone...
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