Di questi tempi un anno fa si fece un gran uso della locuzione "rinascita del cinema italiano" ma la cosa aveva poco senso allora e poco ne ha oggi, chi è più dentro le cose di cinema lo sapeva da subito. Solo i giornalisti meno avvezzi alla critica e più avvezzi al gossip contribuirono a quelle grida di rinascita, gli altri sapevano infatti bene che oltre Garrone e Sorrentino (casualmente in gara insieme) non c'è quasi null'altro di nuovo davvero o di semplicemente dinamico nel nostro cinema (vedi un pezzo molto bello di Fittante su FilmTV proprio poche settimane dopo la premiazione).
Quest'anno infatti Cannes ha ospitato un solo film italiano, Vincere di Marco Bellocchio, film tra le altre cose anche molto buono ma non così tanto da vincere qualcosa in un'edizione come quella 2009, densa di nomi illustri molti dei quali in gara con ottime pellicole.
Ed è anche andato bene Vincere, perchè Bellocchio è noto come un grande regista e perchè il film è girato con un'intelligenza e una pluralità di intenti e di significati di assoluto valore. Ma non parliamo di rinascita. Sono altre le cose che conducono ad una rinascita, in primis un innalzamento della qualità del cinema medio.
Ma non è solo questa illusione collettiva di rinascita che ha portato alla "delusione" di quest'anno.
La presenza e i risultati italiani a Cannes nel 2009 sono stati deludenti anche perchè il cinema vive di risacche come è normale che sia. Un regista dopo che ha girato un film si prende del tempo prima di iniziarne un altro, tempo che varia da regista a regista (per Allen è quasi zero per Tarantino sono anni) ma che fa sì che spesso capitino concentrazioni di grandi nomi come quest'anno e grande scarsità come l'anno passato.
Non bisogna però nemmeno essere troppo nazionalisti. Non è mai conveniente. Il cinema da sempre, e in special modo oggi, è globale e per citare Marco Muller i film nella modernità intrattengono rapporti "simili a quelli che intrattengono tra loro le onde del mare", dunque se Jacques Audiard ha presentato a Cannes un film straordinario a detta di quasi tutti coloro i quali l'hanno visto dobbiamo gioirne anche noi italiani. Perchè è un cineasta non giovane ma nuovo (Un Prophete è la sua terza opera), un uomo dallo spirito europeo e non particolarmente centrato sullo stile di produzione francese, quindi un regista in grado di influenzare tutti, anche noi. Chi fa bene e fa bene con tecniche e stili internazionali, giova a tutti quanti.
Gomorra, con il suo stile nuovo e da capogiro per come sembri non rifarsi a nulla (ma in realtà non è poi così vero), ha fatto furore in America, più di La Classe che fu Palma D'Oro e anche più di Il Divo che essendo più vicino alle corde del cinema hollywoodiano è molto piaciuto ma non ha fatto girare la testa a tutti per quanto sia "diverso". Se dunque Gomorra potrà portare avanti lo stile di Hollywood e ispirare Scorsese, allora il buon cinema visto a Cannes farà bene anche a noi.
La rinascita del cinema italiano è una locuzione che ha un suo senso ma al quale non bisogna dare troppa importanza. Anche io spero di vedere sempre più registi italiani girare ottimi film che parlino di noi e degli altri, che parlino di umanità e di cinema in maniera innovativa, ma so bene che un simile campanilismo oggi non ha molto senso nemmeno a livello economico. Gomorra e Il Divo sono due eccezioni, di solito il vero cinema nuovo e "alto" non incassa molto. E' la rinascita globale che conta. Conta vedere cose nuove e cose migliori non tanto cose italiane nuove e migliori. Dal punto di vista patriottico preferisco vedere un miglioramento del cinema medio italiano, perchè è quello che porta soldi al cinema, migliorano il nostro sistema quindi le nostre sale, le produzioni, le ambizioni e via dicendo.
Il cinema autoriale invece è proprietà del mondo e per definizione parla un linguaggio che non è nazionale ma internazionale. "Who are you?" chiede un bambino ad un gruppo di adulti di città capitati per caso di fronte la sua casa di campagna in Giorni e Notti Nella Foresta di Satiyajit Ray e il più ingenuo di quegli adulti, dopo un attimo di esitazione, risponde: "Human beings". Un'affermazione eccezionale di Audiard deve far gioire come quella di Garrone perchè fa bene al nostro cinema allo stesso modo.
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