Sembrava un sicuro successo: unire i due belli del cinema italiano in un film in cui interpretino "i belli", in cui siano fratelli, in cui l'uno insegni all'altro a rimorchiare. Un colpo facile facile che magari poteva anche dar vita ad una commedia di respiro un po' più internazionale.
Invece il problema di Fratelli Unici è che su quel canovaccio eterno che è la perdita di memoria di un personaggio e la sua rieducazione alla vita (soprattutto sentimentale) viene girato un film che non costruisce nulla ma presenta solo i risultati finali. Non vediamo lente trasformazioni, non vediamo il nascere di una motivazione, non conquistiamo da soli la fiducia o sfiducia in un personaggio. Ogni cosa accade come se non avesse motivazioni o al massimo viene spiegata a parole. Come mai il personaggio di Argentero comincia a credere nell'amore? Non si sa, lo fa e basta. La tentazione di appoggiarsi alla scena madre, al dialogone strappalacrime è tale da far dimenticare l'esigenza di costruire un percorso che la renda plausibile.
Ancora più grave forse è l'impressione che questa coppia funzioni davvero! Argentero e Bova hanno una chimica tutta loro che è indubbia e il film sembra ignorarlo. I due sono per tutto il tempo opposti come la strana coppia, uno in una maniera e l'altro in un'altra, interagiscono sempre con toni diversi (quando uno è triste l'altro è allegro, quando uno è calmo l'altro no e via dicendo) e con finalità diverse (perchè uno è affettuoso e l'altro no, uno vuole fare qualcosa l'altro invece no, uno desidera una donna l'altro gliene propone di diverse) fino a che nel finale per poche scene non si associano davvero. A quel punto si capisce che la forza dei due sta nel fare squadra, Argentero e Bova potevano essere una vera forza ma accoppiati, come due soci, e non messi in contrasto come due amici/nemici. Eppure il film sembra non capirlo.
Anche volendo andare oltre le pure questioni di interazione e rimanendo invece legati alla sceneggiatura di Miniero e Elena Bucaccio, Fratelli Unici non funziona, non prende mai il volo, soprattutto non fa ridere. Non è mai intenzione del film cercare quel tipo di commedia che con una risata dica o sveli qualcosa, e non c'è nulla di male in questo, tuttavia non trova mai nemmeno la risata di cuore, cioè non riesce a imbastire quel ritmo e quella fluidità che dia vita a situazioni divertenti, che porti ritmo anche lì dove ce n'è meno e instradi lo spettatore in un flusso narrativo d'effetto.
Si potrebbe anche passare sopra la decisione di farne un racconto pieno di bontà e privo di un minimo di forza meschina o anche solo di un po' di divertimento a discapito di qualcuno, ma non si può davvero tollerare la sciatteria con la quale è messa in scena (perchè due genitori romani hanno cresciuto a Roma una figlia che parla con accento del nord?) e la trascuratezza con cui è montato.
Nessun commento:
Posta un commento