Esaurita la spinta propulsiva della Nouvelle Vague nel 1966 mentre Truffaut si dedicava a film di genere in attesa di attraversare la fase hitchcockiana rispolverando il gusto della narrazione, Godard procedeva su binari divergenti continuando un cinema che di narrativo aveva sempre di meno e che era programmaticante estetico e didascalico.
Così Una Storia Americana propone sul classico intreccio gangsteristico (i cui contorni sono sempre più rarefatti) una dissertazione su temi diversi. Un film nel quale come al solito l'ingombrantissima voce off narra e spiega con tono colloquiale, imponendo sentenze e punti di vista. Una modalità di messa in scena che decisamente non ha retto la prova del tempo e oggi risulta più datata e soprattutto superata che mai.
Ciò che rimane di veramente bello del film sono le scene, i colori e le scelte estetiche che vengonno fatte in pieno accordo con la forma della messa in scena. Esempio di un cinema che seppure sbilanciato sul piano dell'espressione cercava disperatamente un equilibrio diverso con i contenuti.
Così Una Storia Americana propone sul classico intreccio gangsteristico (i cui contorni sono sempre più rarefatti) una dissertazione su temi diversi. Un film nel quale come al solito l'ingombrantissima voce off narra e spiega con tono colloquiale, imponendo sentenze e punti di vista. Una modalità di messa in scena che decisamente non ha retto la prova del tempo e oggi risulta più datata e soprattutto superata che mai.
Ciò che rimane di veramente bello del film sono le scene, i colori e le scelte estetiche che vengonno fatte in pieno accordo con la forma della messa in scena. Esempio di un cinema che seppure sbilanciato sul piano dell'espressione cercava disperatamente un equilibrio diverso con i contenuti.
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